Letteratura, arte e pubblicità – Introduzione
In quest’ultimo capitolo dedicato all’arte pubblicitaria come testo letterario concludiamo il nostro percorso. Nella speranza di poter approfondire alcune tematiche, ci affidiamo al vostro interesse e alla vostra volontà di proseguire con articoli inerenti alla pubblicità.
Nelle precedenti puntate ci siamo dedicati ad arte e pubblicità, comunicazione visiva e grafica fino ad arrivare al marketing pubblicitario. In quell’articolo abbiamo discusso, in modo approfondito, di alcuni grandi artisti pubblicitari del passato. Dal maggior esponente, David Ogilvy, fino a Gavino Sanna con la pubblicità per la Barilla.
Alcuni di loro erano scrittori e giornalisti, che hanno intrapreso la carriera del pubblicitario proprio in quanto conoscitori del linguaggio. La parola è il più grande strumento che ci permette di sognare e far sognare, perché è attraverso la narrazione come testo letterario che si costruisce l’immaginario collettivo.
Testo letterario, retorica e pubblicità
Cos’è la letteratura?
Sappiamo benissimo quanto possa essere inutile dare una definizione di testo letterario. Prima di tutto perché la conoscenza è oggi un network fatto di nodi e collegamenti ipertestuali. In secondo luogo perché la realtà non è un prodotto dell’uomo. Nè ci meraviglia che l’uomo modifichi lo spazio in cui è immerso con la propria percezione e apprensione. Tuttavia è sbagliato pensare di poter etichettare le cose del mondo come in una nomenclatura.
Senza inoltrarci ulteriormente nell’arbitrarietà del segno linguistico, quello che ci interessa è capire cos’è le letteratura. Il termine letteratura deriva da littera, ossia il segno linguistico (alfabetico) tracciato su un supporto. Pertanto all’inizio il letterato era colui il quale conosceva l’alfabeto e ne sapeva di poesia e prosa. Successivamente letteratura ha iniziato a designare l’insieme delle opere letterarie riconducibili a un genere o una nazione. Nel mentre, però, anche chi non sapeva leggere fruiva di letteratura, facendosi leggere dagli eruditi quanto scritto nel testo letterario.
All’inizio più che testo letterario si poteva parlare di arte del discorso, ma neanche nel Novecento la disputa sul che cos’è la letteratura ha trovato fine. Ad esempio i formalisti russi hanno affermato che quello che diciamo testo letterario contiene la funzione poetica Jakobsiana dell’attirare l’attenzione su di sè (se non sapete chi è Jakobson andate a vedere il suo modello di comunicazione). I pragmatici affermarono che si ha testo letterario sulla base dell’uso che se ne fa. C’è chi invece parlava di finzione: è testo letterario quando avviene la sospenzione dell’incredulità. Quando, cioè, ci immergiamo totalmente in una storia che sappiamo essere inventata.
Figure retoriche
Si, ma allora che cos’è la letteratura e a perché ci serve per la pubblicità?
Non ci vogliamo mica arrendere da subito, per il fatto che nella vita non v’è certezza? Ci siamo forse arresi nello stare al mondo? Certamente no! La mancanza di certezze è il frutto del post-modernismo e per un certo senso ce la siamo cercata noi. La libertà implica assenza di sicurezze. Lo sapevate?
Ma meglio essere liberi, credeteci, piuttosto che sottostare alle definizioni monolitiche che non lasciano spazio all’immaginazione e all’interpretazione. Il pubblicitario, a qualsiasi livello e ruolo, è prima di tutto un creativo e non può di certo permettersi il lusso di avere i piedi falsamente piantati su una struttura ferrea!
Non so se vi siete resi conto di quante figure retoriche abbiamo utilizzato fino ad ora per potervi trasmettere un’immagine. Prima di tutto la metafora: qualcosa che vuole significare qualcos’altro. Ad esempio, tutto quanto riguarda le certezze viene spesso associato alle figure monolitiche e ferree. Mentre la libertà è fluida e scorre verso il mare. La metafora è un bellissimo espediente che hanno tutte le lingue naturali per parlare con le immagini, comunicare concetti toccando contemporaneamente il nervo ottico e quello acustico. La metafora è in tutto e per tutto uno strumento multimediale. E tutto questo solo con la parola!
Altri esempi di figure retoriche
Caffè Illy – Metafora dell’aroma da non dimenticare
Un esempio di metafora che sta ad indicare l’armonia del caffè in assonanza con la parola aroma.

In questa doppia pagina la struttura portante è l’accostamento di due elementi, uno a destra a uno a sinistra dell’inquadratura. I due elementi visivi sono tenuti insieme da una figura retorica, che rimanda alle caratteristiche del prodotto.
Si ricorda. Si scorda.
Un’antinomia resa possibile dal doppio significato di “scordare”, uno associato allo strumento musicale (l’arpa) e l’altro al contrario di ricordare, il dimenticarsi.
A dire: l’armonia si può scordare, ma l’aroma del caffè Illy è permanente nella nostra memoria.
Vodka Absolut – Un’iperbole della perfezione

In questo visual in bianco e nero viene posto al centro dell’inquadratura una bottiglia di Vodka Absolut con un alone e un’aureola che corona la perfezione assoluta.
Con l’uso scontato dell’iperbole che sta ad indicare, in modo quasi blasfemo, la bontà del prodotto che è assolutamente divino. In uno slogan ridotto, conciso e che colpisce l’attenzione del pubblico.
Con una semplicità disarmante, che è tipica di tutti gli slogan di successo. La parola si fa, quindi, commento esaustivo all’immagine già chiara della pubblicità commerciale. Il tutto arricchito di quel tasso di figuralità, che è tipico di ciò che chiamiamo testo letterario.
Uso pubblicitario della letteratura
Passiamo di nuovo a quanto abbiamo detto nelle precedenti puntate. Il direttore creativo è supportato dalla figura del copywriter. Tutto quanto concerne la letteratura è sinonimo di scrittore, almeno secondo l’accezione moderna del termine letteratura.
Vi siete mai chiesti quanto sia sonoro, invece, quel testo letterario tutte rime, assonanze, figure retoriche e consonanze, Quanto l’epos dei miti e delle leggende sia il frutto ritmico di un discorso fatto oralmente?
Come si traducono i testi in una performance tutta orale e assolutamente pubblicitaria?
Alla fine dell’800 l’acqua minerale Corticella diffuse la sua réclame dall’aria petrarchesca:
Chiare e fresche e dolci acque,
un dì vanto ed onor di Corticella,
la vostra secolar fama
rinacque a fortuna novella
Che dire, poi, del dentifricio Kaliklor del 1912:
A dir le mie virtù basta un sorriso
O quando D’Annunzio scrisse per l’Amaro Montenegro:
Amaro Montenegro: il liquore delle virtudi
In Francia Jean Cocteau inventò e firmò
Le vostre gambe sono poesie
Fatele rilegare da Kayser
Testo letterario e pastiche
Insomma, di autori, poeti e scrittori prestati alla pubblicità ce ne sono sempre stati, con il fine di nobilitare tutto ciò che è merce. Ma lo scrittore non fu solo attivo nella stesura di headline, payoff e slogan pubblicitari. Si costruirono veri e propri Caroselli, sì!, gli stessi che ultimamente non vanno più di moda su Facebook.
Quando ci parlano di Carosello, noi italiani abbiamo subito in mentre quelle brevi trasmissioni di un minuto e trenta che venivano trasmessi durante il monopolio della RAI. Dato l’aspetto fortemente pedagogico del canale televisivo appena nato, il palinsesto RAI aveva come obiettivo quello di istruire ed educare le masse. Il motivo era anche da far ricadere nella diffusa analfabetizzazione – intesa proprio come non conoscenza dell’alfabeto italiano – del popolo italiano nell’immediato dopoguerra.
Sebbene la RAI abbia poi perso il suo lato pedagogico, per fare spazio allo Share, a seguito della liberalizzazione della televisione, il primo periodo è stato davvero importante per gli italiani. I Caroselli, dicevamo, erano nelle vere e proprie pastiche in cui veniva inserita la narrazione. Questa si concludeva con un codino pubblicitario in cui mostrare marchio e immagine del prodotto. Come non ricordare Giorgio Albertazzi che legge Shakespeare per pubblicizzare la pasta Barilla. Vittorio Gassman declamare Dante per i Baci Perugina.
Note a margine sull’arte pubblicitaria
Il presente scritto non vuole essere esaustivo, né tanto meno avere la pretesa di aver spiegato tutto quanto c’è da sapere sull’arte pubblicitaria. Gli approfondimenti sono doverosi, corredati soprattutto da quei case studies che arricchiscono il bagaglio di tutti i pubblicitari.
In queste “pagine” abbiamo spiegato la storia della pubblicità, gli stili dei più grandi artisti pubblicitari di sempre, le basi della comunicazione visiva fino ad arrivare alla letteratura. Abbiamo deciso di dedicare un articolo a parte per questo argomento in quanto ci è sembrato assolutamente necessario per diffondere l’importanza che la letteratura ha per l’uomo e la collettività in cui vive.
Verso le conclusioni sulla Comunicazione pubblicitaria
Ci troviamo in un’epoca storica in cui i mezzi di comunicazione ci hanno permesso di abbattere le barriere, superare qualsiasi limite per poter essere ovunque e con chiunque. Virtualmente, si capisce, ma sempre in contatto con il mondo. Queste libertà non sono di certo scontante e, puntualmente, ci troviamo sul punto di doverle difendere per scongiurare questo o quell’altro muro che non ci permette di guardare all’orizzonte.
La letteratura, dicevamo, è importantissima per la formazione del sé individuale e sociale, perché i testi permettono di essere letti e contemporaneamente di leggerci. Non è un caso che l’interfaccia del libro è uomo-pagina. Un tipo di interfaccia che ci permette l’esclusione totale dal mondo iperconnesso in cui ci troviamo e, in questo modo, formare e arricchire l’individuo. Costruire quell’immaginario collettivo che è alla base di tutte le comunità linguistiche, sociali e storiche. Senza letteratura non c’è comunità, senza la conoscenza delle strutture linguistiche della nostra meravigliosa lingua, non ci può essere accordo e sostegno reciproco.
Con questo non si sta dicendo che è necessario ricostruire quell’istituzione che non può più tornare (la Nazione), morta di vecchiaia per il sopraggiungere degli Stati Sovranazionali. Si sta dicendo che è necessario vivere insieme nel mondo, che è l’unica strada possibile, portando avanti le tradizioni che ci caratterizzano e ci distinguono dagli altri. Vivere pacificamente immersi come cittadini del mondo, senza perdere il senso dell’Io, della lingua italiana e di tutte le tradizioni che la nostra lingua ci ha tramandato.
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